lunedì 2 dicembre 2013

Libro? Film? Meglio tutti e due

Sfatiamo un mito: i libri sono meglio dei film visti al cinema. Sfatiamone due: visto il film, non serve leggere il libro, tanto la storia è la stessa. Quello che voglio far capire oggi è che libro e film si integrano perfettamente tra loro, sono due entità parallele, entrambe necessarie, senza le quali non saremmo in grado di ricreare il mondo fantastico del narrato.


Parliamo di due mezzi di comunicazione completamente diversi, come potrebbe allora un film danneggiare l’idea di un libro o viceversa? Spesso chi sostiene ciò è rimasto deluso, o dall’uno o dall’altro, perché non ha percepito
quelle emozioni che invece si aspettava di provare interagendo con l’opera. È quindi un discorso meramente egoistico? Troppe domande.

Iniziamo col dire che chi si affeziona ad un libro ma ripudia il film tratto dallo stesso, oppure chi si innamora del film ma ritiene la lettura del libro una perdita di tempo, spesso lo fa per due ragioni: la prima è che ovviamente non predilige uno dei due supporti con cui la storia di viene raccontata, vale a dire o odia il sistema cinema o non è un grande lettore; la seconda è che la gente, pur apprezzando allo stesso modo, almeno sufficientemente, i due canali di trasmissione, non arriva a capire le intenzioni dell’autore o regista e, vuoi per ignoranza, vuoi per fraintendimento, arriva ad escludere uno dei due in favore dell’altro.
Si ho visto il film, bellissimo, ma no non lo leggo il libro figurati, è una perdita di tempo!” questo è il tipico commento da prima categoria, come anche “Un libro fantastico, no al cinema non ci vado, poi ci rimango male, mi sciupano la storia di sicuro.”

La seconda categoria, cioè chi assaggia sia il film che il libro, ha delle motivazioni varie per preferire uno dei due, ma il collante sono le emozioni: infatti chi, dopo aver fatto esperienza di film ed esperienza di libro continua ad essere selettivo, è perché non ritiene che le sensazioni provate siano paritarie, ovvero l’atmosfera ricreata non ha inciso sul nostro essere, ciò che abbiamo provato non ci è piaciuto o non abbiamo provato nulla. Ecco perché sentiamo dire “Non mi è piaciuto il film!” oppure “Come era noioso però il libro!”: la soggettività dell’individuo fa decidere cosa è gradevole e cosa invece non lo è.

Giovanni Pastrone - Cabiria

Per poter apprezzare queste due arti aiuta sicuramente una buona dose di istruzione e conoscenza: come si può capire un film di Pastrone se quello che ci insegna il mondo è solo il montaggio americano frenetico? Come possiamo soffermarci sulla “Gerusalemme Liberata” se tutto quello che leggiamo è un fumetto ogni tanto? Quindi si, la conoscenza è sicuramente uno dei modi migliori per arrivare ad apprezzare le due arti.

Puntualizzo però che il piacere derivante dalla fruizione dell’opera non deriva dallo studio a priori dell’ambito di appartenenza della stessa, anzi è proprio quando finisce lo studio che inizia il godimento. Di base deve esserci la curiositas, la voglia di conoscere, e l’interesse per il mondo, il voler riuscire a capire quali dinamiche lo muovono (finendo poi con l’essere sempre più confusi). Come l’approccio all’Arte, sublimato dagli studi scolastici, avviene attraverso uno stimolo dall’interno, viene filtrato dalla nostra esperienza del mondo, così anche la lettura di un testo e la visione di un film devono essere spontanee e senza preconcetti. Quando riusciremo a relazionarci in questo modo con la materia allora potremo sforzarci di andare oltre la mera rappresentazione, potremo cercare di infilarci nella testa di chi ha lavorato, di chi ha pensato, di chi ha costruito.


Saper andare al di là delle apparenze, saper comprendere il motivo vero per cui un segno è rosso invece che blu, per cui chi parla in una ripresa non ci mostra il volto ma una mano, per cui non sappiamo fino alla fine chi è davvero il personaggio X venuto dal paese Taldeitali, in questo caso sì che c’è più gusto, più soddisfazione, direi più emozione in una contemplazione di un quadro, o nella visione di un film ed in una lettura.

Mi è capitato recentemente di vedere un film, da subito mi è piaciuto, non una pellicola sperimentale o d’avanguardia, una semplice storia. Sono stata invitata al cinema da amici, essendo un’appassionata del genere Fantasy è stato facile convincermi. Ecco - mi sono detta - sarà il solito tema alla Twilight - invece no, mi ha sorpreso, c’era qualcosa di diverso non nella trama in sé, ma nell’atmosfera: era irriverente e nuovo. In seguito ho deciso di comprare il libro e mi sono appassionata pure a quello, ho notato delle differenze con il film, e menomale!

Non sopporto chi afferma che film e libro, se narrano una stessa storia, debbano essere pedissequamente identici. Ciò sarebbe assurdo e non gioverebbe né al libro, né tanto meno al film. Questo perché il modo di narrare dell’uno e dell’altro sono diametralmente diversi: un libro richiede tempo, dedizione, di esso ci piace cogliere tutti i particolari, assaporare i momenti, concentrarci sulle sfumature; il mondo che ci immaginiamo prende forma lentamente ed è solo nella nostra testa, siamo noi che lo plasmiamo e solo noi lo possiamo vedere, ci entusiasmiamo grazie alla nostra immaginazione.

Il film è dinamico, affonda la sua efficacia nel nostro subconscio, ci afferra da dentro, scava nelle nostre esperienze e ci tira dentro alla storia quasi con violenza. Non possiamo scappare, siamo nella sala con altri come noi, costretti ad essere rapiti dal regista, e questo ci piace, e paghiamo per questo. Immagini studiate alla perfezione ci sfrecciano davanti, il nostro cervello le elabora e noi proviamo emozioni: paura, amore, compassione. Una compassione diversa rispetto ad un libro, molto più veloce, diretta, senza via di fuga. E per un paio di ore siamo il film, immagini e suoni ci trasformano.

Per questo motivo sarebbe assurdo pensare di girare un film con i canoni di un libro, descrivendo minuziosamente ogni particolare, riportando fedelmente ogni dialogo, ogni avvenimento. Esistono esempi, anche molto ben riusciti, in cui i libri sono stati trasposti alla lettera, si tratta però di opere in versi, scritte per il teatro e adattate poi al cinema, come ad esempio Romeo + Juliette di Baz Luhrmann. Viceversa scrivere un libro tenendo conto delle regole cinematografiche sarebbe come, mi viene in mente, rielaborare i temi degli scritti futuristi ricavandone poi un insieme di: lei si gira, un salto, tuuumb, schianto, un volo di dieci metri, fa male, “Corri” (arriva lui). Insomma si tratterebbe quasi di una partitura più che di un racconto.

Romeo + Juliet - Baz Luhrmann

Queste le motivazioni per cui non solo film e libro possono coesistere, ma anzi si completano e si rafforzano. Da un punto di vista puramente artistico infatti, vedere una storia prendere vita sotto due forme così diverse è una ricchezza immensa e non una perdita. Se poi prendiamo in considerazione le strategie di marketing ovvio che è meglio così: ti è piaciuto il film? Bene compra il libro! Hai letto il libro? Vieni a vedere quanto è bello il film! Senza entrare nel tunnel dei soldi concludo dicendo che l’Arte non ha confini, nel ‘500 hanno pensato di rinchiuderla in categorie definite (mi riferisco alla divisione piramidale in Arti Maggiori e Arti Minori), ma la storia insegna che non è possibile limitarla o mettere paletti tra una tipologia e l’altra.


Libri, film, pitture, fotografie, sculture, sinfonie e quant’altro sono l’unico modo che abbiamo per apprezzare la bellezza, farne parte, crearla.  

1 commento:

  1. Anni fa ho visto un inusuale cartone animato del "Signore degli anelli" diretto da Ralph Bakshi. Conseguenza, pochi gg. dopo, in una settimana ho divorato il libro di J.R.R. Tolkien. Successivamente ho apprezzato il Film ( Trilogia di P. Jackson ).
    Concordo con te. Nessuna versione scimmiottava l' altra. Erano 3 diverse forme artistiche con propria dignità.
    (By BO)

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