venerdì 21 marzo 2014

"C'è nel riso dell'uomo la meraviglia..."

Per quanti di voi non lo sapessero, oggi, oltre all’inizio della primavera, si festeggia anche la Giornata Mondiale della Poesia, istituita dall’UNESCO nel 1999 e celebrata per la prima volta il 21 marzo dell’anno seguente. Vi delizierò dunque con un breve articolo in tema, cogliendo così l’occasione di presentarvi una delle mie poetesse preferite: Mariangela Gualtieri. L’ho “conosciuta” circa un anno fa, quando, sbirciando tra i libri di un amico, mi sono ritrovata tra le mani “Bestia di Gioia” (Collezione di Poesia, Einaudi 2010): la tenerezza, la dolcezza e il senso di meraviglia per il mondo che scoprii pervadere quei testi mi commosse sin da subito profondamente, fu un primo incontro molto toccante (tutta la mia gratitudine va anche all’amico in questione!). Quella che segue è una delle mie preferite, è traboccante d’amore.



Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci -
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. Nei libri.


Le sue poesie della sezione “Sponde degli insonni” mi hanno confortata nelle settimane in cui, come capita almeno una volta un po’ a tutti, presa da mille pensieri non riuscivo a prendere sonno o a riposare serenamente.

La capra sul fondo di me
non vuole dormire.
Cammina per i miei greppi
solleva quel buio e ne scopre
ancora. Più fondo.

Al centro di me
una bestiola accucciata si sveglia
e respira il silenzio che nel giorno
è mancato. Respira. A suo modo
canta. Resta attonita dentro
cucita nel fasciame buio del sangue
rivestita del buio palpitante dei boschi notturni.
Sanguinante. Infante. La parte più viva
sta sveglia e pilota. Solleva il corpo
dal letto. Lo accuccia nella camera accanto
per terra. E canta. Dentro. Una felicità
sconosciuta. Un canto d'eternità
spaventoso e immenso. E' ignota
la sua volontà. Da che strana vita
si erge quel suo stare sveglia
da che lontananza si accende.
Non è bestia nera ma piccola
bestia di luce che sta nella vita
un po' stretta per lei.

Mariangela Gualtieri ©Dino Ignani

È con una delicatezza quasi premurosa che le parole di Mariangela Gualtieri si allungano fino a toccare le dolorose sfaccettature della sofferenza umana, che, pur essendo strettamente personale, accomuna e avvicina tutti noi nel silenzio sacro della pena.

Un mio me
soffre. Chi è? Chi scalcia sul fondo
di questo quieto piroscafo. Giù
nella stiva il passeggero più vivo
batte i suoi colpi.
Chi lo tiene sepolto? E che cosa vuole
questo bastardo bambino che scalcia?
Nel fondo di me, un me soffre -
la sua bandiera stropicciata
non ha nessun vento.
E' murato. Il bambino più vivo
murato sul fondo.
Con la sua magra manina
mi stringe il cuore al mattino
un poco stringe e duole.
Che cosa prometto quest'oggi al mio
prigioniero? Con quali parole false
lo tengo zitto per un giorno intero?

***

C’è nella tristezza un contagio
amore mio, e da questo si vede
che abbiamo fatto comune cuore
e siamo uno che pare due.
Allora io
insemino la gioia
in questa cosa che non consiste
però esiste e tiene entrambi appesi.
La gioia ce la metto io.

Dopo mesi che la cercavo nelle librerie, sia di Venezia che di Firenze, ho finalmente trovato una sua raccolta precedente, “Senza Polvere, Senza Peso” (Collezione di Poesia, Einaudi 2006), da cui sono tratte le poesie seguenti.



Sento il tuo disordine
e lo comparo al mio. C’è
somiglianza. C’è lo stesso slabbro
di ferite identiche. C’è tutta la voglia
di un passo largo in una terra
sgombra che non troviamo.
Sento il tuo respiro schiacciato
lo sento somigliante
ti sento piano morire
come me che non controllo
l’accensione del sangue.
Anch’io cerco una libertà che mi
sbandieri, una falcata
perfetta, uno stacco d’uccello
dal suo ramo, quando si butta
improvviso e poi plana.

Vado dentro un delirio. Mi prende.
Mi arrendo. Voglio sapere tutto. Svengo.
Io sono morendo sono scrostando scrostando.
Sono morendo morendo. Mi spezzo.
Sono tutta fango. Poi rinasco fiore. Lasciatemi
in pace. Lasciatemi la pace per dopo.
Quando torno se torno. Adesso vado via.
Dove non si vede. Scivolo giù. Costeggio
un gran vuoto. Adesso rinasco. Butto
questa greppia, le vecchie parole, passo per
una muffa micidiale, per i vortici delle
attese, in quello scomparire ci passo.
Non resto. Mi assento.

Spesso espressione di una profonda ed energica gioia di vivere, alcune diventano una vera e propria celebrazione del creato, una preghiera di ringraziamento per l’essere qui.

Adesso fa notte – fa preghiera.
Apre le serrature del silenzio
fa apparire la mappa siderale
e ci inginocchia per quello spazio immenso
fra qui e l’orlo
del cominciamento
quando le spine dorsali
stanno tutte stese.

***

Che cosa son
 i fiori? Non
senti in loro come
una vittoria?
La forza di chi torna
da un altro
mondo e canta
la visione. L'aver
visto qualcosa
che trasforma
per vicinanza,
per adesione a una
legge che si impara
cantando,
si impara
profumando.
Che cosa sono i fiori
se non qualcosa
d'amore che da sotto
la terra viene
fino alla mia mano
a fare la festa
generosa.
Che cosa se non
leggere ombre a dire
che la bellezza non
si incatena ma viene
gratis e poi scema,
sfuma e poi ritorna
quando le pare.
Chi li ha pensati
i fiori, prima, prima
dei fiori.

Per mesi ho conservato nel primo cassetto del comodino entrambi i volumetti sopracitati, un po’ per il piacere di poterli sfogliare e rileggere più volte, un po’ perché molte delle poesie contenute erano divenute fonte di conforto o altresì ispiratrici d’amore. Se quelle che ho pubblicato nell’articolo vi sono piaciute, vi consiglio vivamente di approfondire! Spero così di aver contribuito a mia volta a farvi fare una piacevole scoperta letteraria!


*Mariangela Gualtieri è inoltre fondatrice del Teatro Valdoca, insieme al marito regista Cesare Ronconi (date un’occhiata qui http://www.teatrovaldoca.org/index.html). 

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