domenica 6 aprile 2014

Fortuna che son stata al Fortuny!

La primavera veneziana è come ogni anno costellata di eventi artistici, culturali e letterari che animano la città e soprattutto arricchiscono la mia mente e le mie giornate di “pausa” dallo studio!!
Qualche settimana fa mi sono recata per la prima volta a Palazzo Fortuny, già noto come Palazzo Pesaro degli Orfei, che deve il suo attuale nome dall’ultimo proprietario, l’artista catalano Mariano Fortuny y Madrazo: fu proprio lui, agli inizi del XX secolo, a riportare infatti il palazzo al suo antico splendore (il complesso era stato suddiviso in appartamenti) e a farne in seguito la propria dimora-atelier. È uno dei palazzi gotici più grandi di Venezia, con un’elegante eptafora (ovvero un totale di sette finestre) che dà su campo San Beneto, ma è privo di un affaccio sul Canal Grande. Donato alla città nel 1956 e aperto come Museo nel 1975, è diventato negli anni un importante centro espositivo dedicato alle arti visive, anche se al primo piano nobile è conservato intatto quello che fu lo studio preferito di Fortuny.  

Eptafora di Palazzo Fortuny

Le mostre di fotografia qui attualmente in corso sono due: “Le amazzoni della fotografia”, curata di Italo Zannier, che presenta una quarantine di opere scelte tra le oltre 250 della collezione del veneziano Mario Trevisan, e che testimonia il ruolo fondamentale svolto dalle donne in fotografia, dalla metà dell’800 ad oggi; “Dora Maar. Nonostante Picasso”, la prima esposizione ideata in Italia per rendere giustizia a questa artista, generalmente più nota per esser stata l’amante del pittore spagnolo. 
Devo ammettere di non essere rimasta particolarmente colpita da nessuna delle due, anzi a mio parere è la disposizione stessa delle immagini all'interno delle varie sale che ne rende difficile un completo apprezzamento. Malgrado questo, che è solo il mio modesto parere, condividerò qui gli scatti che mi sono sembrati più accattivanti o le artiste degne di un ulteriore approfondimento! 

Cominciamo con la più nota Francesca Woodman, i cui tratti distintivi sono l' esposizione lunga, o la doppia esposizione, e uno studio particolarmente attento alla fusione tra il corpo e l'ambiente circostante.

Francesca Woodman, "A woman is a mirror for a man" -
stampa alla gelatina ai sali d'argento, 1975

Proseguiamo con Julia Margaret Cameron, pioniera della fotografia ed esponente del pittorialismo: delle sue opere, che incarnano al meglio lo spirito dell'epoca vittoriana, amo soprattutto il gusto preraffaellita.


Julia Margaret Cameron, "Kate Keown" -
stampa all'albumina applicata su cartoncino, 1864

Continuiamo con Diane Arbus e il suo interesse per l'alterità più estrema, i personaggi eccentrici e i freaks.

Diane Arbus, "Patriotic young man whit a Flag, N.Y.C." -
1967

Cindy Sherman,  spesso creatrice e attrice delle proprie foto, appare qui sotto nei panni dell'attrice statunitense Lucille Ball. Uno dei suoi tratti più distintivi è proprio quello di apparire travestita nei suoi autoritratti, dove incarna di volta in volta un diverso ruolo femminile.

Cindy Sherman, "Lucy" -
stampa su carta Fujicolor Archive, 1975,
stampata nel 2001

Ho apprezzato moltissimo la seguente fotografia di Margaret Bourke-White, prima corrispondente di guerra donna e prima fotografa per LIFE: complice la bidimensionalità dell'immagine, mi ha ricordato quasi una xilografia.

Margaret Bourke-White, "George Washington Bridge" -
stampa alla gelatina ai sali d'argento, 1933

Giusy Calia, "Attraverso lo specchio" - 2011

Su questo scatto dell'artista sarda Giusy Calia mi sono soffermata più a lungo, per concedermi una breve riflessione: qualcosa viene sempre irrimediabilmente perso nell'immagine del nostro riflesso, in altre parole il proprio sè si prismatizza nel riflesso del pensiero degli altri, nell'immagine che abbiamo di noi.
Trude Fleischmann, originaria di Vienna, divenne famosa per la sua serie di nudi ritraenti la ballerina Claire Bauroff.

Trude Fleischmann, "Claire Bauroff, Vienna" -
stampa alla gelatina ai sali d'argento, 1929

Florence Henri fu invece influenzata dal dadaismo e dal costruttivismo.

Florence Henri, "Femme aux jacinthes" -
1930, stampata nel 1977

Dalla messicana Graciela Iturbide sono rimasta positivamente colpita: tra il 1978 e il 1988 a questa fotografa sono stati inoltre commissionati dei reportage sulle popolazioni indigene dei Seri e degli Zapotec. Sotto, un'immagine a cui ho dato liberamente il titolo "Le tre età della donna": poco visibile sullo sfondo, oltre la grata della finestra, anche una bambina.

Graciela Itorbide, "Quince años, Juchitàn" -
1986

Maggie Taylor, "Sleepwalking" - 2005
Forse un'esemplificazione del detto "Chi dorme non piglia pesci?"

Mescolanza di pittura fiamminga e arte digitale nelle opere dell'artista olandese Desirée Dolron, che spesso si ammantano di un'aurea atemporale.


Desirée Dolron, "Morwenna, from Silence of the Eye" -
stampa a colori su carta chibachrome, 1994 


Shirin Neshat, artista iraniana di fama internazionale, dedica particolare attenzione al ruolo della donna nelle società islamiche contemporanee. 

Shirin Neshat, "I am its secret" -
stampa RC e inchiostro, 1993

Jenny Saville è invece una pittrice inglese; si interessa alla fotografia verso la fine degli anni '90, diventando anche soggetto delle sue stesse foto, realizzate in collaborazione con il fotografo di moda Glen Luchford. Sotto la vediamo schiacciata contro una lastra di vetro, a contatto con la quale il suo corpo, ridotto a una massa di carne voluminosa ma informe, assume tratti quasi grotteschi.

Jenny Saville, "Closed Contact" -
stampa a colori, prova d'artista, 2002

Passiamo adesso ad alcuni scatti della seconda protagonista di questa primavera venezia al Fortuny, Dora Maar, al secolo Henriette Theodora Marković: "si fece conoscere negli anni '20 e '30 come fotografa commerciale con ritratti e pubblicità, e nel tempo libero sperimentava la street photography e le avanguardie. Nelle sue fotografie Maar tinse i mendicanti ciechi e i bambini disadattati di un'inusuale dignità; rese austeri i collage e le immagini surrealiste (un paio di scarpe che stanno apparentemente passeggiando sulla spiaggia) e creò due opere spettrali capovolgendo il soffitto di una cattedrale. Impresse su pellicola ciò che potrebbe essere classificato come street surrealism: una bambola abbandonata sospesa con un chiodo a una recinzione in legno; un gruppo di bambini che si azzuffano con una paio di gambe in più. La sua opera fotografica si distingue per una limpidezza formale e un'emozione diretta." (wikipedia)

Dora Maar ritratta da Man Ray

Tra il maggio e il giugno del 1937 realizzò a Parigi un reportage sull'evoluzione di "Guernica".

L'evoluzione di "Guernica"

"Main et coquillage", 1934


1 commento:

  1. Forse é solo una mia impressione, ma noto un velo di tristezza in ciascuna delle opere dell'articolo.
    mi sarebbe invece molto piaciuto vedere lo studio preferito di Fortuny, per comprendere meglio che tipo di persona fosse

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